Il calcestruzzo armato degradato rappresenta una sfida in cantiere tra le maestranze e gli agenti atmosferici, che provocano il deterioramento di questo materiale da costruzione. Scopriamo le cause e i processi da seguire per un risanamento efficiente.

 

Il calcestruzzo armato è un materiale di costruzione, un tempo considerato indistruttibile; questa convinzione, correlata alla sua relativa facilità di produzione lo ha reso il materiale più utilizzato nel settore dell’edilizia. Le qualità che lo rendono alleato delle maestranze in cantiere sono la sua economicità, la facilità e velocità della messa in opera, la plasmabilità, che permette di realizzare opere dalle forme più complesse e anche la sua compatibilità con i ferri d’armatura, che ne potenziano le caratteristiche di resistenza meccanica. Quando, però, le sue potenzialità vengono meno ed inizia un lento degrado bisogna agire tempestivamente e effettuare il recupero. Scopriamo i passaggi per procedere al recupero del calcestruzzo armato degradato.

 

Calcestruzzo armato degradato: le cause

Prima di procedere alla fase del recupero del calcestruzzo degradato e ammalorato è necessario valutare e conoscere le cause del deterioramento, che si possono riassumere in tre fattori principali:

Fattore progettuale

Dagli anni ’50 in poi, è avvenuta una progressiva riduzione dello spessore del calcestruzzo armato nei lavori progettuali, diminuendo così anche la qualità dello stesso e di conseguenza la durabilità delle opere.

Fattore applicativo

Gli errori di messa in opera e stagionatura, rendono il materiale facilmente deteriorabile.

Fattore chimico-ambientale

Un altro fattore che contribuisce al degrado del calcestruzzo è l’aggressione da parte degli agenti chimici aggressivi presenti naturalmente in atmosfera.

 

Gli agenti chimici che agiscono sul calcestruzzo armato

La maggior parte degli agenti chimici che degradano il calcestruzzo armato agisce in presenza di acqua o ambiente umido; quindi possiamo affermare che la durabilità del calcestruzzo è strettamente legata alla permeabilità e porosità. I principali agenti chimici sono:

  • Anidride carbonica: l’aggressione della CO2 è definita carbonatazione ed è la causa di degrado più comune e frequente. La CO2 gassosa presente in atmosfera si idrata con l’acqua meteorica formando l’acido carbonico, che reagisce con l’idrossido di calcio presente nel cemento, formando carbonato di calcio insolubile. Se la concentrazione di CO2 è particolarmente alta si avrà un’azione di degrado, legata alla formazione di bicarbonato di calcio solubile, che crea dei pori nel calcestruzzo che indeboliscono la struttura e la rendono più esposta ad agenti esterni;
  • Solfati: l’attacco solfatico costituisce una delle cause più devastanti del deterioramento di un’opera in calcestruzzo. L’attacco solfatico agisce formando tre composti pericolosi per la durabilità del calcestruzzo. L’idrossido di calcio si lega con il solfato formando gesso biidrato, molto voluminoso. Gli alluminati presenti nel cemento reagiscono anche con i solfati creando l’ettringite, ancora più voluminosa del gesso biidrato. Un altro composto che si forma in presenza di alte concentrazioni di solfati è la thaumasite, che fa sfracellare il calcestruzzo rendendolo del tutto incoerente;
  • Cloruri: il cloruro è stato considerato per lungo tempo un agente aggressivo solo per i ferri d’armatura; in realtà, danneggia gravemente anche il calcestruzzo. L’azione aggressiva del cloruro viene esplicata da due agenti: il primo è il cloruro di sodio presente nell’acqua di mare e nell’aerosol nei pressi del mare, che innesca la formazione di ioni di sodio espansivi nell’aggregato del cls. Il secondo agente è il cloruro di calcio, che disintegra la pasta cementizia, oltre a provocare una grave corrosione nei ferri.

 

Calcestruzzo armato degradato: indagine e preparazione delle superfici 

In cantiere viene effettuata spesso l’indagine della profondità di carbonatazione del cls, soprattutto per quanto riguarda il copriferro. Il processo prevede l’uso di una soluzione di fenolftaleina dell’ 1%, che reagisce in ambiente alcalino, virando dall’incolore al viola con pH > 9,2 (quindi la parte carbonatata rimane incolore).

L’indagine con la fenolftaleina è importante in quanto lo strato di calcestruzzo carbonatato va rimosso totalmente nelle zone in cui sono presenti i ferri di armatura. I ferri ossidati vanno portati a metallo bianco con la sabbiatura eliminando ogni traccia di ruggine. Il  trattamento successivo passivante va eseguito immediatamente dopo la pulizia dei ferri a metallo bianco, per evitare una nuova ossidazione dovuta a piogge o all’umidità notturna.

Per la passivazione e protezione dei ferri la nostra gamma di prodotti prevede ECOMIX FE passivante monocomponente in polvere (di colore rossastro), che consente di operare fresco su fresco ricostruendo le parti mancanti subito dopo la passivazione dei ferri. Dopo la protezione passivante si procederà ad una accurata bagnatura di tutta la superficie a rifiuto senza creare veli d’acqua superficiali e a questo punto si può procedere alla ricostruzione del copriferro con le malte a ritiro compensato della famiglia RISANIAMO.

 

Ripristino strutturale del calcestruzzo degradato

L’intervento di risanatura serve a ricostruire volumetricamente le parti di cls mancanti o asportate, assicurando la protezione dell’intero manufatto all’ingresso di agenti esterni aggressivi. La lavorazione può essere eseguita con una malta cementizia monocomponente a ritiro compensato, tixotropica e fibrorinforzata, in classe R3 o R4 seconda la UNI EN 1504-3, tipo ECOREPAIR RP (classe R3) o ECOREPAIR RC (classe R4). Le superfici ricostruite verranno poi regolarizzate con un rasante polimerico, in grado di fornire ulteriore protezione al manufatto, in classe R2 secondo la UNI EN 1504-3 tipo ECOTHERM RG o ECOTHERM RB.